Troppo spesso l’istruzione in questo Paese è stata materia sottovalutata. Ancor più se si pensa che esistono province come quella di Arezzo, che conta più di 300.000 abitanti, quarta tra le province toscane per popolazione ed estensione territoriale, che hanno nei distaccamenti di altre università – seppur prestigiosissime, come l’Università di Siena nel caso aretino – il massimo dell’offerta formativa. È impensabile ad oggi fare richieste assurde come la costituzione di nuovi atenei o la creazione di bandi ad hoc come quello per le private messo in piedi nel 2020, ma quanto meno – e sotto elezioni sarebbe il caso di parlarne – dovrebbe essere argomento sentito e discusso da tutti, un’argine alla dispersione studentesca e giovanile che da anni allontana da Arezzo e dalla sua provincia eccellenze, giovani volenterosi, risorse fondamentali per quel ripensamento globale del territorio che è necessario e la cui evidenza è sotto gli occhi di tutti. Giovani laureati, giovani studenti, formati in università o in poli di formazione come quelli che sono stati realizzati in tantissime altre realtà ben più ‘piccole’, con il dovuto rispetto, di Arezzo, darebbero nuova linfa a una città sempre più immobile. E che invece necessita di una scossa, di un ricambio generazionale che sia in grado di formare una nuova classe dirigente che guardi al futuro e al presente, valorizzando le peculiarità di un territorio che ha radici profonde ma che deve, volente o nolente, adeguarsi e adattarsi ai nuovi orizzonti che la tecnologia, l’informazione, la programmazione, la promozione richiedono.
È un peccato che una città come Arezzo, ricca di risorse e di sana imprenditoria, non riesca a sedersi a un tavolo per studiare una soluzione fattibile, che possa mettere insieme forze nuove e interessate, che possa chiedere chiarimenti anche a livello nazionale sulle possibilità da sfruttare.
Arezzo merita il meglio per il suo futuro, e i giovani aretino meritano di poter scegliere se rimanere o meno nella proprio città natale. Sarebbe ingiusto chiedere l’impossibile; ma è lecito, anzi, doveroso, chiedere che ogni sforzo venga fatto per arrivare quanto meno a discutere del possibile.

Futuro Aretino