Vogliamo denunciare la situazione in cui si vengono a trovare i migranti lavoratori, che sono entrati regolarmente in Italia con il decreto flussi 2023, che definire surreale è un eufemismo.

Come ben sappiamo, più che di veri flussi di nuovi lavoratori, si tratta di una sorta di sanatoria, infatti sono tutte persone che sono già presenti nel nostro territorio e che lavorano al “nero”, a volte anche da qualche anno, quindi, il datore di lavoro che conosce bene il soggetto da assumere, decide di usare i cosiddetti flussi per sanare queste posizioni. E fin qui va tutto bene, si fa per dire.

Come abbiamo detto sopra, il datore di lavoro attiva la richiesta di poter far arrivare un determinato lavoratore, da una determinata nazione e quando arriva il nulla osta, questo povero dipendente, oltretutto, è costretto a tornare al suo paese e andare al consolato o all’ambasciata a ritirare il documento inviato dallo sportello unico italiano.

Dopo di ché ottiene il visto per rientrare regolarmente in Italia.

Una volta tornato dal suo datore di lavoro italiano, il lavoratore ottiene il tanto agognato contratto di lavoro e a questo punto può presentare la domanda per ottenere il permesso di soggiorno, e avrà così in mano la ricevuta di presentazione della domanda di permesso di soggiorno (la ricevuta rilasciata dalle Poste Italiane), ma il permesso di soggiorno vero e proprio, in genere, gli viene rilasciato anche dopo un anno.

Sembra tutto apposto, ma così non è. Infatti, con la ricevuta della raccomandata, inviata alle Poste, lo straniero ora regolarmente assunto non può chiedere e ottenere la residenza da parte del comune, anche se ha un regolare contratto di affitto.

A questo punto la prima beffa per il lavoratore, perché quando era qui da clandestino non poteva avere un conto corrente o un IBAN visto che le istituzioni non sapevano nemmeno della sua esistenza, ma non cambia nulla nemmeno ora che è arrivato con i flussi, infatti, nemmeno ora può aprire un conto corrente o una carta prepagata, insomma avere un IBAN, perché serve il permesso di soggiorno, che ancora non ha!

Il lavoratore che è regolarmente assunto, dopo un bel periodo al nero, e dopo il primo mese di lavoro riceve la prima busta paga, ma come ben sappiamo il datore di lavoro è obbligato a pagare il suo dipendente solo ed esclusivamente con modalità tracciabili ( assegno o bonifico) e qui viene fuori il dramma. Il lavoratore non è in grado di ricevere il bonifico ( non ha un IBAN), e se viene pagato con assegno bancario, non avendo un conto corrente, nessuna banca ( ne la Posta) glielo può cambiare.

Ecco fatto, siamo arrivati al “lavoro nero di stato”.

Infatti, il lavoratore pur assunto regolarmente se vuole riscuotere non ha scelta, deve essere pagato in contanti, ma la legge lo vieta.

Ecco la soluzione obbligata: il lavoratore è assunto e presta regolarmente opera, ma non viene rilevata la presenza giornaliera al lavoro, quindi, viene rilasciata una busta paga a zero ore e a zero euro, dopo di ché il datore di lavoro lo può pagare in contanti, ma è come se avesse lavorato al nero, zero contributi, zero tasse versate, insomma, come nel periodo precedente all’assunzione. Ma è così, non c’è altra scelta, viene pagato al nero, ed è come se voluto dallo stato.

Tutto questo dovrà andare avanti fin quando al lavoratore non verrà rilasciato il permesso di soggiorno, ovvero dopo circa un anno, più o meno.

Ma è possibile che in questo disgraziato paese nessuno si indigna più? E, che, anche tutto questo, passi inosservato, visto che quest’anno interessa circa 150.000 lavoratori?

Come si può credere che il risultato di cui sopra sia un errore, sia una svista normativa, perché non è possibile tanta incapacità da parte delle istituzioni, e allora e forse ci viene da pensare che è tutto voluto, ma è ugualmente inaccettabile.