Di Tonina Michela Tanda

Questa società cosi come è fatalmente emersa con il manifestarsi della pandemia si presenta come il Vaso di Pandora .
Un vaso alchemico di sofferenze, pronte a riversarsi per strada secondo giorni ed orari prestabiliti; Arezzo ci appare come un contenitore da cui emergono da un anno a questa parte tutti i problemi trascurati, accantonati della cattiva gestione delle politiche in risposta ai bisogni della persona, dell’ambiente, e del vivere in senso lato.

La società aretina a me più cara, perché rispettosa del valore della persona, è rintracciabile nella realtà economica mezzadrile che si è dissolta nella seconda metà del secondo novecento.
Quella realtà infatti è stata capace di includere nel contesto lavorativo la persona e la famiglia. Una esperienza di prossimità tra lavoro e affetti che pur non essendo esente da conflitti e difficoltà relazionali tra generazioni, riusciva a trattenere al proprio interno i soggetti più fragili a cui garantiva un certo ruolo ed un certo “saper fare” utile alla vita e al vivere in società.

Gli anziani avevano il rispetto e lo stesso dicasi di bambini e bambine cresciuti affiancati dalla presenza quotidiana degli adulti destinati al lavoro nei campi.

In qualche modo la genitura perpetuata in un contesto economico lavorativo prossimo ai ritmi della natura manteneva al proprio interno un certo potere di responsabilità e di accudimento.
Con la politica della industrializzazione è arrivata all’umanità una “sorta di punizione” che vede immolata la funzione della cura, dell’accudimento per se stessi e per i propri cari al valore del profitto e del denaro.

Sono stati alterati totalmente i tempi biologici dello sviluppo umano, che ha sperimentato il quotidiano ritmo del vivere sequestrato dai ritmi delle fabbriche destinate a produrre oggetti non sempre utili.
Ogni umano bisogno è stato alienato e la realizzazione di passioni e bisogni dei singoli sono stati silenziati dai ritmi assordanti delle macchine di produzione affidate all’uomo e alla donna.

Il potere della medicalizzazione ha alienato l’umanità dal controllo/attenzione verso il proprio corpo e delegando la consapevolezza dell’essenza del vivere ad un domani sempre rinviato in un tempo lineare senza traguardo di arrivo certo (vedi età pensionabile).
In questo senso sono stati rinviati gli accudimenti primari dei cuccioli d’uomo e delegati a entità educative o sostituti secondo leggi che il mercato economico avevano stabilito.

Gli Enti Locali sono chiamati ad un compito sociale di cura e protezione della persona . Questo vale anche per il Comune di Arezzo .
É stata creata una generazione di persone allevate con accudimenti viziati dal baratto del vantaggio economico e dai sostituti dell’affetto familiare del babbo e della mamma che per portare a casa i soldi, hanno “portato i bambini piccolissimi e “i nonni non tanto vecchissimi in asili” privati o statalizzati, delegandone gli accudimenti a educatori omologati al sistema ed alle regole del potere economico vigente.

Il risultato oggi è che il potenziale di relazioni affettive tra genitori e figli delle suddette generazioni appaiono carenti nell’affermazione di compiti di accudimento prima e poi nella esplicazione delle regole che in privato e in ambito sociale si rendono necessarie.

La messa in opera della vita, con i suoi processi della crescita e dell’audizione delle intime passioni di ciascuno, sono andate confuse con gli oggetti sostitutivi dal ciuccio al biberon al video gioco . Sensi di colpa per” l’assenza della presenza “sono state accantonati o sostituiti dall’illusione che portare a casa i giocattoli, alla sera ai figli potesse compensare l’impagabile incontro di coccole/ carezze e sguardi mancanti .

Invito la Assessore di Ferro del nostro comune a portarsi verso una riflessione attenta sui diritti e doveri da esplicare in politiche alla persona che per norma viene delegata ai Comuni ed Istituzioni pubbliche preposte.