L’assessore Monica Manneschi ( nella foto di copertina) ha presentato i risultati delle politiche per la casa del Comune di Arezzo, soffermandosi con enfasi sul lato finanziario ed economico delle sue politiche per le case popolari e attribuendosi il merito dei risultati raggiunti, ovvero, circa euro 300.000,00 nelle casse di Arezzo Casa, ottenuti con l’abbattimento della morosità, ma nulla ci dice delle persone, degli uomini e delle donne, che subiscono i vari sfratti mediante esecuzione coattiva, ma nemmeno una parola in merito a cosa devono rinunciare i morosi per onorare i piani di rientro etc. etc . Ma concentrandoci sugli sfrattati: che fine fanno? Dove vanno a vivere? Vengono presi in carico dal comune tramite le politiche sociali? O sono solo dei furbetti non meritevoli di nessuna attenzione, siamo sicuri?

A noi piacerebbe poter vivere in una… “città dell’uomo a misura d’uomo, che vuol dire porre l’uomo al suo posto e si può su di esso fissare l’attenzione come su colui dal quale la città prende vita e
verso il quale la città è volta come a proprio fine. Delle città – nessuna esclusa – è punto di partenza o attore l’uomo. E lo è inquanto irriducibile a essere solo individuo, ma in quanto persona. Infatti, anche
un sasso, una pianta, un animale è individuo, ma non persona”,
da Giuseppe Lazzati, La città dell’uomo. Ma evidentemente questa destra non ha propri questi valori e questi ideali, ma i risultati evidentemente si vedono, eccome se si vedono.

Ad Arezzo viviamo in un contesto di disinteresse totale delle istituzioni pubbliche verso gli ultimi, verso i poveri, siamo sempre più frammentati, c’è un tessuto sociale sempre più debole e sempre più ai margini e spesso fatto di giovani. Basta pensare a quante persone sono costrette a vivere nei complessi immobiliari abbandonati fuori e dentro la città. Ciò porta gravi conseguenze anche nel modo in cui viene vissuta la città: è sempre più forte la percezione di scollamento tra la caotica e frenetica città che vive la popolazione ricca, agiata e benestante ( con i tanti negozi di lusso e altrettante concessionarie di supercar, etc etc.) e tutte le persone umane povere che vivono ai margini e nei luoghi più degradati.

E’ sempre più evidente che Arezzo non è una città unita, non c’è alcuna armonia e manca oramai qualunque forma di solidarietà e forse anche di umanità, con sempre più poveri, ma anche con sempre più “miseria umana” e si!.

Dobbiamo, allora, chiederci e confrontarci con una serie di interrogativi dopo otto anni di amministrazioni di destra ad Arezzo: come viene abitata oggi la città? In Arezzo 2023 possiamo sentirci cittadini di un aggregato umano che chiama l’uomo a porsi in relazione e creare legami solidali? Come si vive ad Arezzo la dimensione della solidarietà e della comunione quando la proposta dominante va verso un marcato individualismo, come sembra fare l’assessora Manneschi?

Una delle grandi sfide del nostro tempo è, come ci ha ricordato Papa Francesco, riconoscere che “il tutto è superiore alla parte” 

Abbiamo ricevuto più lettere come quella allegata di seguito e ne pubblichiamo solo una per tutte, e vogliamo invitare chiunque ad immedesimarsi nelle persone che l’hanno ricevuta, che magari vivono con una pensione sociale, oppure con il reddito di cittadinanza e che comunque sia non sono sicuramente ricche e che sanno che fra pochi giorni verranno buttati in strada, non avranno più dove andare a dormire e la sola alternativa sarà di andare ad occupare una porzione di uno dei tanti immobili abbandonati al degrado totale di cui oramai ad Arezzo ne abbiamo tanti.